Cenni storici
Laterza, sita sull'anfiteatro delle murge, nella parte nord-ovest della provincia jonica, si trova ad una quota di 340 metri sul livello del mare.
Ha origini antichissime: i ritrovamenti emersi dai lavori di scavo del 1965 in una necropoli risalente al 2000 a.C. in località Candile testimoniano la presenza di una popolazione vissuta nel territorio nell'era eneolitica. Laterza ha subito l'influenza dei greci e dei romani: molti i reperti dell'epoca della Magna Grecia e dell'età romana, oggi custoditi nei musei archeologici di Taranto e Matera.
Per quanto concerne il nome di Laterza, vi sono tre ipotesi. Una prima ipotesi asserisce che Laterza derivi da "Letentia", luogo di caverne e nascondigli. Altra ipotesi è quella secondo la quale tale nome deriverebbe dal latino "Tertiani", i militi della terza legione romana che ivi fissarono il loro accampamento. La terza, la più suggestiva, farebbe risalire il nome della cittadina da "Laerte", padre di Ulisse, in onore del quale i cretesi, fuggiti dopo la guerra con i micenei, fondarono in loco una colonia. La seconda è, tra le ipotesi, la più accreditata, avvalorata del fatto che la cittadina di Laterza è situata lungo la via Appia nuova che unisce Taranto a Roma, ricalcando il tracciato dell'Appia antica, in alcuni tratti ancora visibile.
L'abitato, in origine appartenente al comune di Matera, sorse intorno all'anno 1000. Nel 1030, dopo quello longobardo-beneventano, Laterza passa sotto il dominio dei normanni. Nel 1060 è la volta degli svevi, a cui succederanno poi gli Angioini. Nel 1292, il feudo laertino è connesso al principato di Taranto. A questo periodo risale la costruzione del castello (palazzo marchesale) con portale datato 1393. Nel 1463, il principato di Taranto viene incluso nel regno di Napoli. Nel 1541, Pietro Antonio d'Azzia ottiene il titolo di marchese di laterza, titolo che nel 1655 passa alla famiglia Perez-Navarrete, che lo detiene fino al 1806, anno in cui vengono aboliti i diritti feudali e la cittadina passa al regno borbonico. Successivamente entrerà a far parte del Regno d'Italia.
Ha origini antichissime: i ritrovamenti emersi dai lavori di scavo del 1965 in una necropoli risalente al 2000 a.C. in località Candile testimoniano la presenza di una popolazione vissuta nel territorio nell'era eneolitica. Laterza ha subito l'influenza dei greci e dei romani: molti i reperti dell'epoca della Magna Grecia e dell'età romana, oggi custoditi nei musei archeologici di Taranto e Matera.
Per quanto concerne il nome di Laterza, vi sono tre ipotesi. Una prima ipotesi asserisce che Laterza derivi da "Letentia", luogo di caverne e nascondigli. Altra ipotesi è quella secondo la quale tale nome deriverebbe dal latino "Tertiani", i militi della terza legione romana che ivi fissarono il loro accampamento. La terza, la più suggestiva, farebbe risalire il nome della cittadina da "Laerte", padre di Ulisse, in onore del quale i cretesi, fuggiti dopo la guerra con i micenei, fondarono in loco una colonia. La seconda è, tra le ipotesi, la più accreditata, avvalorata del fatto che la cittadina di Laterza è situata lungo la via Appia nuova che unisce Taranto a Roma, ricalcando il tracciato dell'Appia antica, in alcuni tratti ancora visibile.
L'abitato, in origine appartenente al comune di Matera, sorse intorno all'anno 1000. Nel 1030, dopo quello longobardo-beneventano, Laterza passa sotto il dominio dei normanni. Nel 1060 è la volta degli svevi, a cui succederanno poi gli Angioini. Nel 1292, il feudo laertino è connesso al principato di Taranto. A questo periodo risale la costruzione del castello (palazzo marchesale) con portale datato 1393. Nel 1463, il principato di Taranto viene incluso nel regno di Napoli. Nel 1541, Pietro Antonio d'Azzia ottiene il titolo di marchese di laterza, titolo che nel 1655 passa alla famiglia Perez-Navarrete, che lo detiene fino al 1806, anno in cui vengono aboliti i diritti feudali e la cittadina passa al regno borbonico. Successivamente entrerà a far parte del Regno d'Italia.
Luoghi di interesse storico-artistico
- Palazzo Marchesale
- Cantina Spagnola
- la "Natività";
- la "Cacciata dal Paradiso Terrestre di Adamo ed Eva": Adamo protende il braccio verso Eva, la quale, accanto ad un albero ricco di fogliame, su cui è avvinghiato il serpente antropomorfo, regge in mano il frutto.
Al primitivo uso religioso è poi seguito un uso profano della suddetta grotta.
Si spiega così la presenza dell’altorilievo e dei due affreschi realizzati, così come riporta il lungo cartiglio posto in alto, nel 1664:
- il "cavallo sellato" in altorilievo, con la scritta "cavallo di rispetto", sulla parete del vano centrale (probabilmente il locale serviva al cambio dei cavalli e al riposo dei viandanti, o verosimilmente come luogo di arruolamento di soldati);
- affresco raffigurante tredici sacerdoti che reggono oggetti di culto;
- la "scelta d'amore", affresco presente nell'ultimo vano, così chiamato perché rappresenta una donna in abiti lussuosi del periodo, corteggiata da due cavalieri, tutti atteggiati in una sorta di danza.
- Fontana cinquecentesca
- Santuario Maria Santissima Mater Domini
Secondo la tradizione, infatti, il 12 maggio del 1650, un improvviso ciclone trascinò via con sé un gran numero di pecore appartenenti al marchesa D'Azzia. Il feudatario accusò di incuria il pastorello Paolo Tria, che custodiva il suo gregge, e lo cacciò dal castello. Il giovane, disperato, cercò rifugio in una grotta (la chiesa di Santa Domenica appunto), nella quale gli apparve le Madonna che lo tranquillizzò, dicendogli che tutto si sarebbe presto risolto. Così avvenne: il pastorello fu riassunto dal marchese.
Il santuario, in stile tipicamente barocco, presenta un prospetto suddiviso in altezza, da sporgenti cornicioni, in tre parti, ed una pianta a croce latina con volta a vela, divisa anch'essa in tre parti, che poggiano su finte colonne scanalate. L'altare maggiore in marmo bianco intarsiato con marmo rosa ed azzurro (risalente al 1803) è separato dai fedeli da una fine balaustra (realizzata nel 1815).
I muri esterni di ciascuna volta sono arricchiti da aperture coperte da vetrate policrome, che nell'insieme riportano tutta la storia della Madonna con Cristo, dall'annunciazione alla pentecoste. Tra le colonne, ai due lati della navata, si aprono sei cappelle con arco a tutto sesto e con volta a vela. Le due corrispondenti al braccio della croce hanno, rispettivamente, quella a destra l'accesso alla cripta, quella a sinistra, l'accesso alla sacrestia; addossati alla parete delle restanti quattro, vi sono quattro altari in marmo policromo.
Nella seconda cappella vi è un crocifisso in legno; nelle due nicchie dell'abside sono riposte le statue in marmo di San Michele e Santa Irene; due statue in cartapesta policroma rappresentanti Santa Anna con la Madonna e San Gioacchino impreziosiscono le due nicchie dietro la facciata.
All'interno del santuario è inoltre possibile ammirare numerose tele: "La Madonna della rosa" e "La Madonna in piedi col Bambino" realizzate dal pittore A. Velpi nel 1758, "La fuga in Egitto" di P. Capocelli (1853), "La Madonna delle grazie" di C. Sampietro (1891), l'iconografia con personaggi del meridione protetti dalla Madonna con un gesto materno e "il racconto dell'apparizione della Vergine al pastore Paolo Tria" di N. Cafaro (1975).
La cripta, adiacente al Santuario, è stata realizzata nel 1912-13. Essa ha risentito profondamente della venuta, nel territorio di Laterza, dei monaci bizantini, i quali, perseguitati dalla furia iconoclastica, hanno ivi decorato i luoghi di culto. Altrettanto evidente è l'influenza della civiltà normanna nella Santa Ciriaca, dipinta su pietra tra il XII ed il XIII secolo. Del seicento sono invece gli affreschi di San Girolamo ed altri santi, coperti in parte oggi dall'altare barocco in pietra.
Nella penombra che avvolge la cripta è possibile, inoltre, scorgere i dipinti a muro dei santi e angeli realizzati nel 1942 dal pittore G. Ciotti. La penombra è tagliata da fasci di luce filtrati da vetrate colorate rappresentanti la "Visita della Madonna a Santa Elisabetta" e "L'apparizione della Domini al pastore", opere realizzate dai vetristi Guarenti e Alessandri su disegni del Ciotti.
- Chiesa di San Lorenzo
Alla chiesa si accede dalla piazzetta antistante tramite sette gradini. In stile tardo-gotico, la facciata si presenta scandita da quattro lesene, in tre parti. Di queste la centrale, più alta e con il portale principale sormontato da un ampio rosone, termina con un timpano a spioventi concavi, a cui si contrappongono gli spioventi convessi delle due parti laterali. Queste ultime corrispondono alle navate interne, ciascuna con un ingresso secondario ed un occhio per l'illuminazione interna, ognuno dei quali, delimitato da una semplice cornice, presenta all'interno un diverso motivo decorativo di derivazione gotica costituito da raggi arcuati ricorrentesi a girandola quello di sinistra e ad elica quello di destra.
Le porte secondarie, in legno lamellare, sono sormontate da lunette ad arco leggermente acuto ed in entrambe è rappresentata la "Mater Domini". Il portone principale è contornato da tre fasce a bassorilievo scolpite nel tufo: di queste la più interna è attorcigliata "a fune", l'esterna ha un motivo a fascio con corregge di legamento, mentre la fascia mediana riporta una serie di foglie. Il tutto è sormontato da una lunetta, accostata da due rose scolpite, ed iscritta in una cornice rettangolare culminata, a sua volta, da un timpano triangolare con tre pennacchi di cui il più alto raggiunge l'estremità inferiore del rosone.
Molto ampio e ben lavorato è il ricco rosone centrale "a ruota di carro", costituito da una successione di venti arcatelle gotiche in tutto simili, anche nella tribolatura, a quelle cieche del cornicione già descritto. Tali arcatelle sono impostate su venti esili colonnine che si attestano sul "mozzo" centrale a mo' di raggi; il "mozzo" centrale è, a sua volta, costituito da due corone circolari distanziate da otto pilastrini lavorati. Il rosone, infine, è incastonato sulla facciata in un grande occhio circolare, incorniciato da un notevole fregio scolpito a bassorilievo con motivi vegetali ed antropomorfi alterni.
Il campanile antico, svettante a sinistra della chiesa presso l'abside del SS. Sacramento, nello stile romanico pugliese, fu demolito nel Febbraio 1858 a seguito del terremoto e ricostruito, in stile neo classico del tempo, dal lato della sacrestia. In esso sono allocate 5 campane: la più grande è datata 1775, una del 1880, un'altra del 1932, un'altra del 1747 ed infine una che anticamente veniva usata (suonandola con particolare maestria) per i funerali dei bambini.
L'interno della chiesa è ad impianto basilicale a tre navate scandite da due file di tre colonne ciascuna; la navata centrale ha ampiezza doppia rispetto a quelle laterali, sulle quali si affacciano le cappelle, aggiunte successivamente. Le colonne, che scandiscono le navi in quattro campate e sostengono il tetto in legno a capriate, oggi si presentano massicce con capitelli lineari creati con cornici di gesso.
Il presbiterio, rialzato di qualche gradino rispetto alle navate, si presenta tripartito in corrispondenza delle navate: nel vano centrale, più ampio, vi è l'altare principale in marmo in sostituzione di un altare ligneo indorato, che fu spostato nella cappella di S. Lorenzo e successivamente disperso.
Scendendo gli scalini del presbiterio e dirigendosi verso la navata di destra, si va alla cappella della Beata Vergine del Rosario, che è raffigurata su di una tela con S. Domenico, S. Tommaso d'Aquino ed altre due sante; intorno alla tela sono dipinti, in riquadri, i quindici misteri del rosario. Si passa, quindi, alla cappella dedicata a S. Maria della Neve, che nella tela è rappresentata in alto, mentre più in basso vi sono altri santi, tra i quali S. Apollonia e S. Agata. Segue la cappella di S. Lorenzo, dove si può ammirare la pregevole tela del pittore Paolo De Matteis: è rappresentato il martirio del santo, sormontato dall'immagine di S. Maria di Costantinopoli, S. Nicola e S. Magno suddiacono e martire. Infine, vi è la cappella dell'Annunciazione, l'unica priva di altare.
Passando alla navata di sinistra e salendo verso l'interno della chiesa, si trova l'antica cappella del battistero: sulla parete di fondo vi è la tela di S. Michele Arcangelo (riproduzione di Guido Reni), che apparteneva alla chiesa del Purgatorio, mentre sulle pareti laterali, a sinistra "Ultima Cena" del pittore laertino Andrea Giannico e datata 1751, a destra "Natività" dello stesso autore. La seconda cappella è dedicata a S. Giuseppe, la cui statua è posta sull'altare: in alto, sulla parete di fondo, vi è una tela che raffigura la visita della Madonna a S. Elisabetta, mentre sulle pareti laterali due dipinti: "S. Francesco in estasi" a sinistra, "S. Nicola che risuscita i tre fanciulli" a destra; nell'arco, a sinistra, si può notare una mattonella devozionale di Lorenzo Guglielmo, commissionata dal rev. don Giuseppe Pacciana nel Settembre del 1825. Segue la cappella dedicata a S. Lucia: sull'altare è stata posta la statua in pietra della santa (opera del '400), rinvenuta in una grotta sotto le fondamenta del campanile. Infine, vi è la cappella, anticamente denominata "cappellone del Corpo di Cristo o Cuore di Gesù": nel 1749 fu arricchito da un sontuoso altare in legno dorato che contiene la riproduzione della grande tela della "Deposizione", opera del succitato Giannico; sulle pareti laterali vi sono quattro tele dello stesso pittore e rappresentano: a sinistra "Martirio di S. Flavia" e "Decapitazione di S. Placido", a destra "Vestizione Sacra" e "Tre storie di S. Benedetto".
Artigianato
La maiolica di Laterza
Laterza, come tutta l'Italia meridionale, ha avuto influenze culturali sin dall'età eneolitica, ed ha visto in essa nascere e diffondersi, col trascorrere dei secoli, una vera e propria tradizione: la ceramica.
Il susseguirsi, poi, delle sopravvenzioni etniche e lo sviluppo graduale della lavorazione stessa hanno permesso alla ceramica di acquisire nuove conoscenze di tipo tecnico ed ornamentale.
Il pieno sviluppo dell'arte ceramica locale si verifica intorno al 1600-1700: la figulina laertina di tale periodo è definita "Maiolica artistica".
Appartengono a questo periodo: il "Calvario" all'entrata della sacrestia del santuario Mater Domini realizzato da L.A. D'Andriuzzo, l'"Immacolata Concezione" di G. Mele posta su una parete della cripta del santuario e le mattonelle di L.A. Collocola collocate accanto ai portali d'ingresso delle abitazioni notabili. A partire dalla fine del '600, si sviluppò l'"Istoriato Laertino": vengono rappresentate scene di cavalieri, soprattutto su grandi piatti. Elemento di rilievo della maiolica laertina è l'elegante stesura cromatica, prevalentemente turchina su smalto bianco con sobri interventi di giallo e verde. Tra i soggetti s'impongono tracce ornamentali di margherite palmette, il giglio stilizzato, i festoni a frange pendenti, alcune figure di uccelli ed animali. D'obbligo una visita alle antiche fornaci nel centro storico e ai laboratori dei ceramisti locali.
La ceramica laertina è tutelata dal marchio CAT "Ceramica Artistica Tradizionale" istituito nel giugno del 1997 con decreto del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Il Comune di Laterza è uno dei 36 comuni protagonisti della guida "Terre Magiche, la via delle ceramiche", che traccia un percorso nuovo ed alternativo sulla via della tradizione, della storia, e dell'arte italiana.
Laterza, come tutta l'Italia meridionale, ha avuto influenze culturali sin dall'età eneolitica, ed ha visto in essa nascere e diffondersi, col trascorrere dei secoli, una vera e propria tradizione: la ceramica.
Il susseguirsi, poi, delle sopravvenzioni etniche e lo sviluppo graduale della lavorazione stessa hanno permesso alla ceramica di acquisire nuove conoscenze di tipo tecnico ed ornamentale.
Il pieno sviluppo dell'arte ceramica locale si verifica intorno al 1600-1700: la figulina laertina di tale periodo è definita "Maiolica artistica".
Appartengono a questo periodo: il "Calvario" all'entrata della sacrestia del santuario Mater Domini realizzato da L.A. D'Andriuzzo, l'"Immacolata Concezione" di G. Mele posta su una parete della cripta del santuario e le mattonelle di L.A. Collocola collocate accanto ai portali d'ingresso delle abitazioni notabili. A partire dalla fine del '600, si sviluppò l'"Istoriato Laertino": vengono rappresentate scene di cavalieri, soprattutto su grandi piatti. Elemento di rilievo della maiolica laertina è l'elegante stesura cromatica, prevalentemente turchina su smalto bianco con sobri interventi di giallo e verde. Tra i soggetti s'impongono tracce ornamentali di margherite palmette, il giglio stilizzato, i festoni a frange pendenti, alcune figure di uccelli ed animali. D'obbligo una visita alle antiche fornaci nel centro storico e ai laboratori dei ceramisti locali.
La ceramica laertina è tutelata dal marchio CAT "Ceramica Artistica Tradizionale" istituito nel giugno del 1997 con decreto del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Il Comune di Laterza è uno dei 36 comuni protagonisti della guida "Terre Magiche, la via delle ceramiche", che traccia un percorso nuovo ed alternativo sulla via della tradizione, della storia, e dell'arte italiana.
Luoghi di interesse naturalistico
- Gravina
La loro formazione risale all'era terziaria, quando si verificarono erosioni, sollevamenti tettonici e bradisismi. L'attuale fisionomia della gravina è, infatti, la conseguenza di due eventi:
- lo scorrere del fiume Lato che due milioni di anni fa ha eroso i calcari pliocenici e pleistocenici, scoprendo quelli del cretaceo;
- la successiva azione erosiva sui calcari da parte degli agenti atmosferici.
La gravina di Laterza è l'esempio più spettacolare, aspro, selvaggio, tra quelle dell'arco jonico, in quanto è caratterizzata da una profondità di 200 metri circa, un'ampiezza di circa 500 metri ed una lunghezza superiore ai 12 chilometri. Per tale motivo è annoverata tra i più grandi canyons d'Europa.
Gli incredibili risultati del fenomeno carsico, le pareti a strapiombo, la vegetazione a "macchia mediterranea", la rendono particolarmente suggestiva, un'area di notevole interesse ambientale.
Lungo i suoi pendii calcarei si trovano specie vegetali che hanno sviluppato specifici adattamenti per sopravvivere alla forte insolazione e allo scarso apporto idrico, quali i boschi di Quercus Troiana (presenti in Italia solo sulle murge pugliesi e materane), il Lentisco, l'Aegilops Uniaristata, il Dente di leone pugliese, la Scrophlaria lucida, la Campanula Versicolor(capace di vivere sulla nuda roccia utilizzando l'acqua che le rocce immagazzinano durante i fenomeni di condensa), il Leccio, il Tiberino, il Cisto, il Terebinto, il Ginepro.
Per quanto concerne la fauna, la gravina laertina ospita alcune tra le specie volatili a più alto rischio di estinzione dell'Europa meridionale: il Capovaccaio o Avvoltoio degli Egizi(così chiamato perché vive in stretto contatto con mandrie e greggi dei cui rifiuti si nutre e perché la sua immagine compare tra gli ideogrammi dell'alfabeto geroglifico), il Falco Grillaio, il Nibbio Bruno, il Falco Lanario, il Gufo reale, la Ghiandaia marina, l'Ululone dal ventre giallo, il Falco Pellegrino, il Gufo comune, l'Assiolo, l'Allocco, il Barbagianni, la Monachella, il Biancone, il Gheppio, il Passero Solitario.
La gravina è inoltre rifugio di Gechi di Kotchi, Istrici, Volpi, Tassi, Donnole e di un gran numero di cinghiali.
- Oasi Lipu
A partire dal 1999 la Lipu gestisce l'Oasi protezione della fauna della gravina di Laterza, istituita nel 1984 (istituzione consentita dalla legge regionale sull'attività venatoria) ed dal dicembre 2005 inclusa nel parco Naturale Regionale Terra delle Gravine.
L'oasi è oggi riconosciuta come ZPS, Zona a Protezione Speciale, e come SIC, Sito di Importanza Comunitaria, ed è altresì inserita nell'elenco IBA, Important Bird Area, in quanto sono molti gli uccelli che nidificano nella gravina: il Capovaccaio o Avvoltoio degli Egizi (così chiamato perché vive in stretto contatto con mandrie e greggi dei cui rifiuti si nutre e perché la sua immagine compare tra gli ideogrammi dell'alfabeto geroglifico), il Falco Grillaio, il Nibbio Bruno, il Falco Lanario, il Gufo reale, la Ghiandaia marina, l'Ululone dal ventre giallo, il Falco Pellegrino, il Gufo comune, l'Assiolo, l'Allocco, il Barbagianni, la Monachella, il Biancone, il Gheppio, il Passero Solitario.
L'oasi si estende per 800 ettari ed è dotata di un parcheggio per autovetture, di un centro visite con aula didattica e diorama sulla gravina, di una rete di sentieri-natura corredata da pannelli didattici ed informativi.
Enogastronomia
- Il pane
Laterza è terra di tradizioni con i suoi antichi forni per la cottura del pane, con le sue fornaci per la cottura delle maioliche, con i suoi fornelli per la cottura delle carni di agnello.
Vi si produce un pane la cui ricetta tramandata di padre in figlio è oggi tutelata dal Marchio Collettivo di Qualità. Il Pane di Laterza con le focacce e le friselle è prodotto dai panificatori laertini secondo una ricetta antica, utilizzando grano di semola rimacinata, lievitato lentamente e naturalmente e cotto in forni a legna riscaldati con legna aromatica i cui residui una volta raggiunta la temperatura di 400 gradi, vengono eliminati per dare posto prima alle focacce e poi alle friselle e alle forme di pane (dette panelle) da uno, due e quattro chili di peso per le varie esigenze dei consumatori. Nel 1998 grazie ad un intesa tra Comune di Laterza e i più antichi panificatori è nato il Consorzio Pane di Laterza, per tutelare, valorizzare e promuovere il prodotto Laertino. Fanno parte del Consorzio i panifici: "Costantino", "Di Fonzo", "Il Fornaio", "Laerte", "Moderno". La città Laterza grazie alla bontà del suo pane è entrata nell'Associazione Città del Pane. Associazione che ha tra i suoi scopi quello di promuovere il riconoscimento e la valorizzazione dei pani e di tipologie specifiche di pane legate a determinati territori.
- Carne al fornello
Tra i secondi piatti molto diffuse sono le famosissime "braciole", involtini di carne di cavallo ripieni, o l'agnello al forno con patate. Molto apprezzati sono inoltre "zampini, njumiredd e salsiccia" fatti con carni locali, arrostiti in appositi forni a legna e richiestissimi soprattutto in festività come S. Martino (11 Novembre) e Sagra dell'Arrosto (Agosto), durante le quali Laterza viene invasa da moltissimi turisti.
In occasioni più particolari, tipo il Natale, si prepara un altro piatto tipico, il cosiddetto "marro", fatto di frattaglie (fegato, cuore, ecc..) avvolte nelle budella di agnello.